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IL CARRO CON I BUOI E LA TREGGIA
IL CARRO CON I BUOI E LA TREGGIA
IL CARRO CON I BUOI
Il carro trainato dai buoi, nel territorio montecoronese, per lungo tempo ha avuto una funzione importante perché si adattava a1 territorio collinare per il trasporto delle merci prodotte nel podere.
Era composto da un telaio dove veniva fissato, a metà del piano di carico, l'asse che alloggiava le ruote molto alte. Queste, bloccate per mezzo di perni che ne impedivano i movimenti assiali, erano costruite interamente di legno, ma venivano ferrate nella parte esterna con l'applicazione di un cerchio di metallo.
Sul telaio veniva applicato un ripiano fatto di tavole di legno di quercia, grosse tre o quattro centimetri, delimitato da alte sponde, spesso dipinte con motivi floreali e riportanti le iniziali del capo famiglia.
Nella parte posteriore del carro, erano alloggiati degli argani che, in caso di bisogno, servivano per il tiraggio delle funi con cui si assicurava il carico.
Dai montanti della sponda anteriore, partivano due bracci che si allungavano in avanti per 50-70 centimetri che permettevano, all'occorrenza, un aumento del carico.
Il timone o "bura", spaccato a coda di rondine sotto il pianale del carro, doveva essere lungo tanto da permettere l'attacco di un paio di bestie e realizzato con un legno forte e resistente.
Questi carri erano i principali mezzi di trasporto nelle nostre campagne, ma servivano ai contadini anche per ostentare la propria posizione sociale ed economica, un po' come oggi si fa con l'auto.
LA “TREGGIA”
Nelle zone collinari del territorio montecoronese, dove i luoghi erano impervi e dove il carro poteva rovesciarsi, per il trasporto del fieno, del letame, delle fascine e di altri prodotti veniva usata la "treggia", sempre trainata da buoi.
Le tregge erano mezzi di trasporto rudimentali rispetto ai carri, oltre che molto semplici; venivano costruite dagli stessi contadini, usando attrezzi che si trovavano in casa, come asce, roncole, scalpelli e trapani a mano.
Essa non era munita di ruote, ma tutta la struttura poggiava su due tronchi di legno, con le estremità ricurve a mo' di sci, che la facevano somigliare ad una slitta. In essi venivano fissati, ad incastro, dei perni su cui poggiavano delle traverse, formando così un piano di carico a circa 30 centimetri da terra.
Il timone, chiamato in dialetto "bura", veniva fissato sui perni anteriori della treggia; tutta la struttura era costruita ad incastro, usando delle chiavi di legno.
Mi è stato raccontato dagli anziani montecoronesi che, quando si ammalava seriamente qualche persona che abitava in casolari privi di strada, sulla treggia veniva collocata una sedia dove si faceva salire il dottore che veniva a visitare il malato.
di Giuliano Sabbiniani
(Dal suo libro “Montecorona – la Tenuta e la sua gente” – gruppoeditorialelocale, Digital Editor srl, Umbertide - 2021)