history and memory
LA STORIA DI ANTONIO PICISTRELLI
Giovane umbertidese ucciso a Roma il 1º Maggio 1891
di Federico Ciarabelli
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Tra le tante vicende che riguardano le persone del nostro territorio ce n'è una poco conosciuta: quella di Antonio Picistrelli. Alcuni nostri concittadini, tra la fine dell'800 e i primi del `900 l'hanno raccontata e hanno cercato di tramandarla attraverso varie iniziative, tra cui l'apposizione di una lapide sulla casa natale di Antonio, in via Spoletini. Il testo non ci fornisce indicazioni sulle ragioni per le quali fu collocata e non dà chiare spiegazioni, rimandando a futuri "giorni più liberi" la possibilità di fare luce.
Della vita umbertidese della famiglia Picistrelli è possibile ricostruire solo pochi elementi: Giovanni Picistrelli, carrettiere, sposò, nel 1863, Alunna Rinaldi e dal loro matrimonio nacquero nove figli: Clotilde, Silvio, Alfredo, Antonio (2 ottobre 1870), Lavinia, Lorenzo, Leopoldo, Piero e Gaetano. Anche se i genitori erano analfabeti fecero studiare tutti, figli e figlie. Antonio seguì il padre nel lavoro, diventando anch'egli carrettiere. Il 18 marzo 1886 i Picistrelli lasciarono la nostra cittadina alla volta di Roma, attratti dalle opportunità di lavoro che la nuova capitale offriva.
In quegli anni, però, cominciavano a farsi sentire con maggiore intensità gli effetti della crisi economica generata dalla speculazione edilizia. Le numerose imprese operanti a Roma sfruttavano pesantemente i lavoratori e impiegavano una consistente manodopera femminile e giovanile, che veniva retribuita con salari inferiori a quelli degli uomini. A questa condizione precaria si aggiunse, a peggiorare drammaticamente le condizioni di vita dei ceti popolari, una profonda crisi finanziaria che portò molte aziende al fallimento.
È dunque in questo ambiente che a Roma i lavoratori si organizzarono per la riuscita della manifestazione del 1° maggio 1891, seconda edizione della Festa dei Lavoratori; le intenzioni degli organizzatori furono indirizzate a far svolgere la manifestazione in forma pacifica e per la rivendicazione di migliori condizioni di lavoro, a partire dalla giornata lavorativa di otto ore. Antonio Picistrelli, anche se non è certo che fosse iscritto a qualche organizzazione politica, vi partecipò assieme al suo futuro cognato Eugenio Santerini, un attivista socialista che militava nel "Circolo Tiburtino" di via dei Sardi.
Le associazioni organizzatrici dettero appuntamento ai partecipanti alle 15 in piazza Santa Croce in Gerusalemme. Il clima generale era di forte tensione anche perché la piazza era circondata da forze dell'ordine e da reparti armati di esercito e cavalleria. Altre guardie erano mescolate fra i partecipanti.
I manifestanti organizzati dalla Società dei Muratori entrando in piazza salutarono i militari schierati al grido di: "Viva l'esercito italiano, viva i nostri fratelli armati!"; da alcuni gruppi anarchici si inneggiava alla rivoluzione e all'esercito rivoluzionario. Confluiti tutti i cortei in piazza, alle 16 iniziarono i discorsi. Stando a quanto riferito nel rapporto del questore, dopo i primi oratori, alcuni dei quali più moderati e altri più accesi, la piazza si andava sempre più scaldando. Non si può però escludere che la tensione sia stata accentuata per la presenza di infiltrati e provocatori tra la folla.
Salì quindi sul palco un oratore non previsto, Galileo Palla, e dopo il suo intervento, secondo il rapporto del questore, si sarebbe generato uno scompiglio generale e gli agenti disposti intorno al palco sarebbero stati circondati dalla folla di anarchici minacciosi.
Si accesero degli scontri, nel corso dei quali furono sparati colpi di rivoltella, vennero usati pugnali, coltelli e lunghi chiodi. In questa situazione alcuni rimasero feriti e una guardia, Carmelo Raco, fu uccisa con una pugnalata.
Gli scontri continuarono e intervenne la cavalleria che, da diverse parti, si diresse sulla folla per disperderla. Dalla piazza e dalle case cominciò allora il lancio di pietre, oggetti, mattoni contro i militari.
I manifestanti si spostarono nelle vie circostanti. In via Emanuele Filiberto venne tentata la formazione di una barricata con dei carretti, ma senza successo. Quindi altri si indirizzarono verso Villa Altieri, all'epoca adibita a carcere femminile. Qui le sentinelle poste a guardia spararono: Antonio Picistrelli, raggiunto alla testa da un colpo di fucile, restò ferito. Venne trasportato all'ospedale, dove morì.
Ma la storia non finisce qui. Inseme a una discussione parlamentare, un grande processo e una campagna di stampa, venne attuata dal governo un'intensa opera allo scopo di celare i fatti.
Le cronache dei giornali non diedero risalto alla sua morte, nonostante la gravità dei fatti, due giorni di dibattito parlamentare e la pressione politica esercitata dalle organizzazioni dei lavoratori.
Le commemorazione furono anzi oggetto di repressione: i1 5 luglio 1891 il questore di Roma scrisse al ministro dell'interno che la polizia "sorvegliando mosse circolo Tiburtino, [...], ha potuto trovarsi presente alle 4 pom. alla deposizione sulla tomba di Picistrelli di un gruppo metallico con edera, corona e fiori artificiali portante in placca zinco la seguente citazione alla vittima del 1° maggio 1891 Antonio Picistrelli che inoffensivo, inerme trovava immeritata morte il circolo Tiburtino questo ricordo fece".
Il questore ne dispose il sequestro e rispose che quelle "parole suonano apologia di delitto, offesa alle nostre istituzioni e principalmente esercito e nell'insieme costituiscono istigazione a commettere reati". Stessa sorte toccò al tentativo di ricordo promosso dai compagni di Picistrelli che, dal carcere dove erano rinchiusi, vollero ricordarne la figura e, addirittura, a quello dei famigliari.
In Umbria la proposta di realizzare una lapide fu avanzata da Francesco Andreani a Perugia il 1° maggio 1892. Ma il progetto non poté essere realizzato, continuando ad essere osteggiato ogni tributo al carrettiere e dovettero passare ben 9 anni prima che, su iniziativa della sezione socialista di Umbertide, venisse rilanciata la proposta di una lapide per Picistrelli.
Nel 1901 fu costituito il comitato promotore di cui facevano parte: il Presidente della società operaia, Ramaccioni Astorre consigliere di detta società, l'avv. Francesco Andreani, Willelmo Ramaccioni del circolo repubblicano, Michele Belardi e Torquato Bucci per la sezione socialista, Macario Maccarelli per i reduci volontari della patrie battaglie, Americo Censi muratore, Guerriero Becchetti falegname, Alfonso Mazzanti fabbro, Luigi Filippi vasaio, Gaetano Bassi Gaetano cappellaio, Casimiro Montagnini calzolaio, Luigi Bartoccini sarto, Paolo Rometti fornaio, Angelo Gargagli lavorante in traverse, Giuseppe Guardabassi, commerciante.
Il comitato cercò di organizzare una manifestazione di notevole rilievo e ciò ebbe l'effetto di accrescere le preoccupazioni delle autorità governative, al punto che si rese necessario far intervenire l'on. Bissolati presso il Ministero dell'Interno per sbloccare la situazione. Nel dicembre 1902 venne data l'autorizzazione alla realizzazione della lapide, ottenuta però a caro prezzo: il testo fu censurato (definito una "miseria" dai socialisti) e diceva: "Ad ANTONIO PICISTRELLI morto il 1° Maggio 1891 in Roma la democrazia Umbertidese volle consacrare questo modesto ricordo nella casa ove nacque 1902". Il Comitato decise di realizzare la lapide con il testo imposto dal governo, ma non si arrese all'arbitrio. Venne così commissionata una lapide speciale: da una parte il testo mutilato e dall'altro quello scritto da Andreani.
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Si giunse finalmente alla sua inaugurazione, fissata per domenica 6 settembre 1903, alle ore 10. La partecipazione popolare fu modesta, ma numerosa fu la presenza delle associazioni locali (con le loro bandiere) e dei Circoli socialisti e repubblicani di città vicine. Erano presenti tre fratelli di Picistrelli (espressamente venuti da Roma) ed altri parenti. Si iniziò deponendo le varie corone e quindi fu scoperta la lapide al suono dell'inno di Garibaldi. Giuseppe Guardabassi dette quindi lettura di una commovente lettera del padre della vittima e delle molte adesioni, tra le quali quelle dell'on. Andrea Costa, di Amilcare Cipriani. Presero la parola gli oratori ufficiali: Miliocchi (repubblicano) e Bocconi (socialista). In occasione della manifestazione i giovani del circolo repubblicano fecero una pubblicazione dal titolo “In memoriam”, che fu rapidamente esaurita. Sarà mai possibile esporre la faccia della lapide con il testo voluto dagli umbertidesi? Io mi auguro di sì.
Articolo pubblicato in due parti sui numeri di Novembre e Dicembre di “Informazione locale”