history and memory

Gli spaccapietre del Tevere
I Ciaccabreccia
Giampaolo Bottaccioli ricorda che esisteva ad Umbertide, oltre all’attività di lavorazione delle pietre più di valore, anche quella di lavorazione di semplici pietre e dei ciotoli del fiume Tevere,..
I Ciaccabreccia
(a cura di Francesco Deplanu)
Giampaolo Bottaccioli ricorda che esisteva ad Umbertide, oltre all’attività di lavorazione delle pietre più di valore, anche quella di lavorazione di semplici pietre e dei ciotoli del fiume Tevere, “pezzi” più piccoli utilizzati per diverse attività in base alla dimensione. Si ricordi che fino al dopoguerra anche la stessa strada che collegava Umbertide a Niccone era una strada fatta di “breccia”. Poco dopo la fine del ponte sul Tevere, in direzione di Niccone dove la strada ha un bivio per l’Abbazia di Montecorona era solito vedere uomini addetti a spaccare in parti più piccole le pietre del Tevere.

Immagine n1 . : Il " ciaccabreccia" (o "acciaccabreccia" o "ciaccaino") Pàrise al lavoro. Foto da Fabio Mariotti da ASCU (Archivio Storico Comunale di Umbertide).
Erano i “ciaccabreccia” presenti probabilmente lungo il corso del fiume in più abitati. Trascriviamo una parte del testo ““Il Tevere, uno spazio costruito e interpretato" di Maria Cecilia Moretti, a pg. 46, riferito al lavoro del “ciaccabreccia”:
“Per i sassi e l pitrìccio entrava in azione il ciaccabreccia: tutt al giòrno co na mazzétta ciaccàva i sàssa e capàva i bòni per tirà su i muri, ’per tutto il giorno con una mazza tritava i sassi; metteva da parte quelli migliori destinati alle costruzioni”.
Oltre a questo nel testo di Maria Cecilia Moretti si può leggere anche una descrizione, sempre nel linguaggio dialettale, degli strumenti per spaccare le pietre: “A la Fràtta, ’a Umbertide', un vecchio ciaccaìno adoperava tre mazzétte: una più grossa per i sassi grossi, una mezzanòtta, ‘una media per i sassi mezzani’, ùna più migna p i sassi picini, ‘la più piccola per i sassi minuti"; quàn s e'ra stufato de da ta n sàsso grosso … cambiàa la mazze’tta e déa ta n sàsso picìno, ’quando era stanco di usare la mazzetta pesante cambiava mazzetta e tritava i sassi più piccoli'. Bussava sempre sullo stesso punto; a Pretola, il punto di caduta dei colpi era detto la cacatìna; man mano che diminuivano i sassi cresceva l montòn de brécia, ’il mucchio di breccia’.”
Il lavoro di "ciaccabreccia" era sicuramente antico, ma si trovò a coesistere a lungo con la meccanizzazione che iniziata ai primi del '900 era sicuramente presente nella raccolta e lavorazione della pietra del fiume come si vede in questa immagine del 1939. Questo documento ci mostra la coesistenza nel processo produttivo legato al materiale da costruzione tra il carretto trainato dagli asini, il lavoro manuale e la macchina in azione.

Fig. n. 2: lavori presso il vecchio campo sportivo vicino al greto del Tevere. foto A.S.C.U (Archivio storico comunale di Umbertide).
Di quanto fosse antico il mestiere del "ciaccabreccia" non possiamo in realtà dirlo, ma in maniera suggestiva possiamo far notare come il lemma sia costituito da due parole, "ciacca" che indica il verbo schiacciare e l'altra... "breccia". Termine che porta con sé secondo il prof. Augusto Ancillotti, linguista per lunghi decenni alla facoltà di Lettere di Perugia e che fece anche la traduzione anche delle "Tavole Eugubine", una storia linguistica antichissima che si è fissata nel gergo parlato prima delle varie scritture italiche e prelatine: "breccia", come "breccione", ed anche "breccino", è un suono preso in prestito dal longobardo "Brehhan", anche esso un suono che indica "rompere", "spezzare" (Augusto Ancillotti, pp. 208, "...E ancora parlano", 2021). Se fosse così abbiamo un termine per il pietrame di piccole dimensioni che di fatto indica la sua caratteristica di essere spezzato... forse dall'uomo.
Concludiamo precisando dal lavoro di Sperandio sulle pietre dell'Umbria da costruzione ed ornamentali, una sintesi degli altri materiali rocciosi o da costruzione presenti nel nostro territorio. Per quanto riguarda le Cave e torbiere le “sostanze” indicate nel 1861 erano “marmo bianco”, “Marmo Rosso cupo o bianco”, “Marmo cenerino”, “Marmo Rosso venato bianco”, “Marmo bianco venato”, “Marmo nero”, “Cava di sabbia”, “Cava di Argilla”, “Cava di Pozzolana”, Cava per Macine” oltre alle “Pietre arenarie forti”.
La “cava per macine” si trovava presso la Parrocchia di San Giuliano, ovvero nella zona di San Giuliano delle Pignatte, dalla cui chiesa proviene il ciborio dell'VIII sec. oggi spostato nell'Abbazia di Montecorona. Proprio la zona di Montecorona, lungo il torrente Nese vedeva caratterizzarsi per la presenza di “calcareniti”, ovvero “marmi”. Presso Monte Acuto emergevano le calcareniti di “marmo rosso cupo” e "sostanze" di “pozzolana”. Infine sabbia e argilla che si trovavano in zone nelle vicinanze del Tevere, zona dove si trovava proprio il materiale dei "ciaccabreccia".
FONTI:
FOTO:
- Fabio Mariotti e ASCU (Archivio Storico Comunale di Umbertide).
FONTI ORALI
- Bottaccioli Giampaolo
TESTI
- “Il Tevere e Umbertide” (a cura di Sestilio Polimanti) di Maria Cecilia Moretti, Lorena Benedice Filippini e Fausto Minciarelli. Testo estratto da Maria Cecilia Moretti, “Il Tevere, uno spazio costruito e interpretato" (1986); p. 46.
- Bernardino Sperandio, "Delle pietre dell'Umbria da costruzione e ornamentali", Perugia, Quattroemme, 2004 (p. 265, pp 288-289).
- Bruno Porrozzi: Umbertide e il suo territorio: storia e immagini - Ed. Pro Loco, Umbertide, 1983
-Augusto Ancillotti, "...E ancora parlano", Edizioni Jama Perugia, 2021.
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