history and memory
La Fornace
11 March 2025 at 08:34:22
La Fornace ad Umbertide.
(A cura di Sergio Magrini Alunno)
La storia
Il primo documento relativo alla fornace Hoffman di Umbertide risale al 1911, si tratta della denuncia di attività alla camera di commercio e industria dell’Umbria nella quale la ditta Giuseppe Pasquali e Achille Cerrini dichiara che la fornace di laterizi e calce si trova in via Cavour a Umbertide e produce dal 5 maggio 1891 ,era la data in cui gli stessi avevano rilevato l’azienda di proprietà di Nazareno Carotini che era in affitto a Gaspare Cerrini e Costantino Beatini .Che si tratti di una fornace Hoffman è documentato da una lettera del 11 maggio 1894 con la quale la Premiata Fabbrica di Laterizi G.Pasquali & A.Cerrini chiede al comune di Umbertide l’allaccio all’acquedotto comunale :nella intestazione è riportato in bella evidenza “Fornaci sistema Hoffman”. Morto Giuseppe Pasquali , nel 1919 la ditta assume la denominazione “Umberto Pasquali” .Nel 1923 una grave crisi la porta al fallimento che verrà poi a decadere nel luglio 1930 avendo Umberto Pasquali soddisfatto tutti i suoi creditori nella primavera della stesso anno. Nel frattempo il 30 luglio 1929 la fornace era stata rilevata dalla “Cerrini & Sacchetti” che la gestirà fino alla fine degli anni ‘40. (con i mattoni della sua fornace, lasciati a vista,Sacchetti ha fatto costruire un bel edificio davanti alla stazione)
Il racconto
L’avventura industriale della fornace prosegue con Salvatore Spinelli, Grande Ufficiale dell’ordine della Corona. Nato a Roma, era un grande proprietario terriero con possedimenti agricoli anche nella nostra zona e che in quel periodo aveva rilevato aziende anche a Città di Castello(Alvaro Tacchini in” Storia tifernate-I travagli degli anni 50” lo definisce: “raro esempio di innovativo proprietario terriero e dinamico imprenditore”). All’inizio degli anni ’50 Pietro Brischi fino ad allora amministratore di Spinelli rileva l’azienda in società con Luigi Bisogni. Attorno al 1965 i due soci si dividono: a Bisogni andrà l’attività collaterale della draga e Brischi proseguirà la gestione della Fornace in società con Giovanni Cicioni. Nel 1964 nella gestione della fornace entra Luciano Mercanti che nel 1966 ha sposato Maria Luciana figlia di Pietro Brischi ed è grazie alla sua ottima memoria che possiamo ricostruire la storia più recente. In quel periodo la fornace aveva 36 dipendenti di cui 7/8 erano fissi, tutti gli altri stagionali. Si lavorava da marzo/aprile fino ad ottobre, la produzione veniva interrotta in inverno perché una fase determinante del processo produttivo era l’essiccazione al sole.
La materia prima era costituita dai fanghi provenienti dal canale della Carpina che si depositavano nelle grandi vasche di decantazione (vedi” Il canale della Fornace” Umbertide storia .net sez.tradizioni – memoria e tradizioni) a questi veniva aggiunta l’argilla che veniva portata dalle aziende che effettuavano scavi. Erano quantità importanti perché il terreno della nostra zona è ricco di argilla, ma l’aumento della produzione rese necessario ricorrere ad altre fonti tra cui il terreno sottostante l’attuale abitazione della famiglia Marinelli in via Roma dopo la “curva di Gardone”: erano terreni di proprietà della “Curia” una parte l’aveva acquistata l’Ing. Bisogni, per la parte restante la Fornace pagava un canone annuo per il prelievo .
L’argilla veniva trasportata alla fornace con i camion dai fratelli Orfeo e Virgilio Giulietti coadiuvati da Antonio (Tonino) figlio di Orfeo. Argilla e terra mescolate insieme venivano portate in alto fino a circa 8 metri lungo una rampa con dei binari dentro carreli ribaltabili tirati da un cavo collegato ad un argano e scaricate in una tramoggia. Si aggiungeva acqua e l’impasto finiva in uno “sminuzzatore” passava poi tra due cilindri che lo affinavano ulteriormente e soprattutto eliminavano qualche dannoso “calcinello”
Dopo i cilindri il prodotto, oramai in pasta sottile, finiva in una impastatrice che lo amalgamava.
Veniva poi fatto cadere nella “Mattoniera” dove spinto da una coclea usciva da una trafilatrice sotto forma di mattone , forato o tavella a seconda dello stampo che si metteva in testa alla trafilatrice stessa. Il laterizio usciva come una striscia continua e i pezzi venivano tagliati tramite una “ghigliottina” costituita da un filo di acciaio che si abbassava secondo la lunghezza prestabilita. Per coppi e tegole la striscia usciva sotto forma di sfoglia alta circa tre centimetri che veniva poi modellata con uno stampo sotto una pressa. Su dei carrelli a ruote lunghi circa due metri e larghi 50/60 cm. I manufatti venivano caricati a mano, l’uno sull’altro avendo cura di lasciare tra loro il passaggio dell’aria per favorire l’essiccazione. Il carrello infatti veniva poi messo nei “griccetti”. Erano dei capanni lunghi circa 40 metri, avevano il tetto di tegole e sui lati i “griccetti” che davano il nome alla struttura. Si trattava di stuoie realizzate con le canne palustri del lago Trasimeno, che venivano srotolate, al bisogno, per proteggere dalla pioggia o per evitare che i raggi del sole arrivassero direttamente sui mattoni. Anche quando erano abbassate le canne lasciavano passare il calore e consentivano la circolazione dell’aria. La permanenza dei manufatti nei “griccetti” poteva durare dai 40 ai 60 giorni il tempo dipendeva dalla temperatura atmosferica e dalla conformazione del manufatto , il forato, ad esempio asciugava prima del mattone. I laterizi venivano poi portati nel forno Hoffman, che era un tunnel di forma ellittica costruito in mattoni. Nella intercapedine tra la parete interna e quella esterna c’era della sabbia a fare da isolante. Il tunnel a ellisse del forno era lunga circa 100 metri ed aveva una serie di porte ad arco nel perimetro esterno, al centro svettava una ciminiera alta 30 metri. L’altezza della ciminiera era importante, perchè più era alta , migliore era il tiraggio per la circolazione e l’eliminazione dei fumi di combustione. Il forno, una volta acceso all’inizio della primavera, funzionava a ciclo continuo per tutta la stagione: per ottenere la regolare temperatura di esercizio (800/900 °C ), occorrevano circa un paio di giorni dall’accensione. Attraverso ciascuna apertura ad arco, una zona del tunnel veniva riempita dei mattoni da cuocere, disposti in modo da lasciare tra loro spazio per il passaggio dell’aria ,poi la porta veniva chiusa con dei mattoni crudi e sigillata con un fango mescolato a sterco di vacca. Il fuoco continuo veniva alimentato dall’alto con lignite triturata o noccioli di olive , con un meccanismo che faceva cadere il combustibile attraverso delle bocchette chiuse da coperchi. Grazie al tiraggio della ciminiera centrale, tramite un sistema di valvole che collegava le varie camere, il fuoco, in senso antiorario, veniva fatto avanzare in base al giudizio dei fuochisti, che lavoravano sull’estradosso del solaio, ininterrottamente, feste comprese, (alternandosi in tre turni giornalieri) L’aria bollente, in senso orario, passava dai mattoni in fase finale di cottura , a quelli allo stadio precedente fino a quelli appena caricati che venivano investiti da aria calda che favoriva l’inizio della cottura, senza sprechi di calore. Il processo era a ciclo continuo anche se ciascun carico di mattoni rimaneva nel forno 2/3 giorni. Quando un blocco raggiungeva la cottura, i mattoni venivano fatti raffreddare, portati all’esterno e sostituiti con quelli da cuocere. Il forno è stato spento definitivamente attorno 1975 e sostituito da forni a tunnel alimentati ad olio pesante. A quella dei laterizi è stata, successivamente, affiancata la produzione di solai in cemento armato fino a quando l’azienda, con la fine del secolo, ha cessato l’attività scrivendo così la parola fine alla lunga storia di una fabbrica che ha contribuito, concretamente, a costruire il nostro paese.
Molti hanno lavorato alla fornace durante la sua lunga storia, ne citiamo alcuni dell’ultimo periodo: Capo operaio e fuochista:Antonio Bargelli Fuochisti: Fava Augusto,Bargelli Mario, Sfornatori :Selvi Francesco(Checco), Piobbichi Giuseppe, Rammaccioni Ugo. Infornatori: Bartolini Felice (Felicino), Romei Antonio, Ricci Vitiani Aldo Addetti alla produzione: Camaleonti Narciso Chiavini Silvano ,Pedana …, Cozzari… Officina manutenzione: Puletti Elio Falegname: Fiorucci Fausto e, poi Mariotti Remo, Caseti Pietro, Emilio Tognaccini , Fiorucci Bruno e molti altri di cui, purtroppo, non siamo venuti a conoscenza.
Fonti:Testimonianza orale di Luciano Mercanti
Fonti bibliografiche:
- R. Covino e M. Giansanti (a cura di)Fornaci in Umbria, Electa-Editori Umbri associati, Città di Castello 2002
– R. Codovini,R Sciurpa, Umbertide nel XIX secolo, Gesp ,Città di Castello 2001
-B. Porrozz i(a cura di) Umbertide nelle immagini dal 500 ai giorni nostri, Rubini & Petruzzi , Città di Castello.
- Alcune foto e le notizie storiche sono tratte dalla brochure di Umbria Progetti (oggi EXUP) relativa al progetto “Parco residenziale”della ex fornace.

Foto dela Fornace (fotografia della famiglia Tognaccini).

Foto della fornace (Fotografia della Famiglia Tognaccini)
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Materiali in uso. nella Fornace (Fotografia della famiglia Tognaccini)

Particolare di un documento storico (dalla "Brochure" di Exup-Umbria Progetti citata nelle fonti)
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Fotomateriale sponsorizato. Fotografia Sergio Magrini Alunno..