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20 agosto 2021 08:57:24

Settimio Presciutti

Settimio e la Svizzera

(a cura di Loredana Presciutti)

"Settimio Presciutti nasce nel 1924 e sposa nel 1951 Annunziata Bomboletti più giovane di tre anni, nata nel 1927. Provenienti ambedue da famiglie contadine, si trasferiscono ad Umbertide nella zona Corvatto (dopo il campo sportivo lungo la strada tiberina) dove mio padre aveva costruito una piccola abitazione.
Facchino per i muratori prima, prende la licenza elementare grazie al “Maestrone” Lamberto Beatini e partecipa al concorso per stradino (non lo vince, già ai tempi esistevano le raccomandazioni). Decide allora di comperare un motocarro per trasportare breccia e quant’altro per l’edilizia. Viene però truffato nell’acquisto da parte del venditore, firma delle cambiali, si indebita ed è costretto ad emigrare in Svizzera nel 1960, da solo, lasciando me e mia madre che per guadagnare da vivere lavorava a ore in varie abitazioni.

A Ruti nel cantone Zurigo, viene impiegato come operaio negli altiforni, impianti utilizzati nell’industria siderurgica per produrre ghisa partendo da materiale ferroso dove si utilizzavano temperature di 1200°C. Lavorando in questo ambiente senza protezioni, inspirava polveri sottili il cui accumulo ha comportato problemi respiratori che lo hanno costretto, anche dopo il suo ritorno a casa per diversi mesi ad espettorare nero in seguito ai residui che aveva accumulato.


Dopo circa 8 mesi, non riuscendo a vivere da solo, chiede che anche alla moglie sia trovato un lavoro, altrimenti lui sarebbe tornato in Italia. E così anche mia madre parte nel Febbraio 1961 lasciandomi da amici carissimi che abitavano di fianco al loro appartamento, che mi hanno trattato come una figlia e che io ho continuato a chiamare zii fino alla loro morte.
Mia madre lavorava alla Maschinenfabrik, un’ azienda che produceva macchine tessili e ci lavorò fino al 1964 quando tutti e due lasciarono la Svizzera per tornare in Italia.
Un documento della “Direktion der Polizei Fremdenpolizei” del 20 maggio 1964, trovato piegato all'interno dei passaporti, ci ricorda la situazione dei nostri emigranti. E’ un “Permesso di dimora per famigliari”, con le precisazioni scritte in lingua tedesca e poi in italiano e spagnolo:
“Dalla vostra domanda di autorizzazione di impiego, rispettivamente di assicurazione del rilascio del permesso di dimora, risulta che con voi si trovano famigliari che intendono manifestamente dimorare pure nel Canton Zurigo. Attiriamo espressamente la vostra attenzione su le direttive valide per tutta la Svizzera, in base alle quali i familiari dei lavoratori stranieri possono ricevere il permesso di soggiornare senza attività lucrativa presso il capofamiglia solamente dopo che quest’ultimo abbia trascorso ininterrottamente tre anni in Svizzera. Prima di tale data i familiari possono qui soggiornare solo temporaneamente, per motivi di visita. Vi abbiamo provvisoriamente concesso, rispettivamente assicurato, um permesso di dimora per assumere impiego nel Canton Zurigo. Ciò facendo, siamo partiti dal presupposto che i vostri familiari abbandoneranno la Svizzera entro tre mesi a far conto dalla vostra entrata. Avete perciò la facoltà di decidere se, in tali condizioni, preferiate rinunciare all’assunzione di impiego e alla dimora nel Canton Zurigo.”


Grazie a questi sacrifici, mio padre terminò durante i periodi di ferie, in più riprese, l’abitazione che aveva iniziato a costruire appena sposato.
Io credo che il dolore più grande per i miei genitori sia stata quella di lasciare me in Italia; mia madre mi raccontava sempre il dispiacere che provava quando, tornando nei brevi periodi di ferie, la chiamavo “zia”."

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Il passaporto della moglie di Settimio Annunziata.

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